L’anatema dei sette peccati – recensione

L’anatema dei sette peccati. Dan Brown incontra la magia ed un mondo in perenne lotta con se stesso. Davide Fresi (Alessandro Magno e i presceti venuti dal futuro – 2014) parte da un’idea brillante e potenzialmente accattivante – i viaggi nel tempo – e, serrato, parte narrando le gesta di Fedro e Polibio, due mercanti dell’Antica Roma, che, in virtà di carismi profetici vengono introdotti da Tiberio Cesare nel fasto della corte romana. Tuttavia, l’avidità di Fedro minaccia l’incolumità di entrambi. Il prefetto del pretorio Marcello infatti tende un tranello che compromette la loro posizione. In carcere, i due marcanti conoscono un uomo che con i suoi lumi porta Fedro a cambiar vita. Presto irrompono nella vita dei protagonisti Gesù di Nazareth ed altri personaggi storici dal grande carisma. Le disavventure si susseguono una dopo l’altra. Aleggia sullo sfondo degli eventi la ferocia dei governanti romani che non esitano a spargere il sangue di innocenti. Ogni volta che le aspettative paiono compromesse, la Provvidenza mostra il suo volto benevolo, dissolvendo la nebbia che rende incerto il cammino dei due mercanti. Finché non avviene l’irreparabile… Troverà realizzazione l’anatema che il Nazareno rivolge agli oppressori del popolo? Riuscirà il perfido Marcello a soddisfare la sua morbosa ambizione? In conclusione: un libro che scorre e che ha in sé del buono (l’idea di partenza), questo L’anatema dei sette peccati.

 

Emanuela Manfredi.

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