Un affare di famiglia – recensione

Kore’eda Hirokazu ancora una volta costruisce una famiglia per poi scomporla in modo dirompente, chiedendo allo spettatore il coraggio di dare alle cose il loro vero nome.

Che cosa vuol dire “famiglia”? Questo è il tema caro al regista giapponese, che riesce a trattarlo ancora una volta con stupefacente originalità. Il suo non è un lavoro di cinematografia, ma un vero e proprio studio che dura da anni e che egli vuole condividere con noi, come per mostrarci il risultato di una antica ricerca, misurata sul filo di dettagli e di microscopiche emozioni.

Le emozioni, in questo film, sono come dei piccoli singulti che arrivano da una fotografia che le asseconda morbidamente, da scenografie parlanti, curate minuziosamente; da sguardi e rughe, da piccoli movimenti dei volti e delle mani. In questa nuova famiglia di Kore’eda Hirokazu si ruba e si insegna a rubare. Ciò che si trova in un negozio si può prendere perché “non è ancora di nessuno”, spiegano i grandi ai bambini. Gli shoplifters menzionati nel significativo titolo originale del film sono loro, i protagonisti di questa narrazione: marito e moglie, un figlio, una cognata e una nonna. Tutti stretti in una piccola e angusta casetta in cui tutto è accatastato e sovrapposto, in cui si dorme tutti insieme, in un miscuglio di odori, di effluvi di ramen e ciotole e stracci. Eppure c’è posto per tutti, in questo microcosmo in un angolo della grande città, che non esita ad accogliere nuovi membri e a trovare spazio anche per loro, laddove di spazio non ce n’era.

Lo spazio della casa, come nei sogni freudiani, è un concetto assai rilevante: è una dimensione piccola, è il luogo dell’intimità. È la casa che tiene uniti. Questa intimità fatta di carezze e piccole cattiverie senza scopo è la vera essenza della famiglia e qui, forse, risiede per il regista la risposta alla prima domanda. Questa famiglia prende le cose che trova e sono sempre cose necessarie: il cibo, lo shampoo, ad esempio. Infine, questa stessa famiglia trova una bambina. Così come il cibo, lo shampoo e gli oggetti trovati, anche questa bambina verrà assorbita dal nucleo familiare assumendone tutte le caratteristiche come per una sorta di processo mimetico.

Tutto allora si sposta sul ruolo del legame di sangue, altro argomento chiave per l’autore, in una narrazione che viene svolta attraverso delicate scene sentimentali e corali, prima fra tutte quella di una gita al mare, emblematicamente utilizzata anche nel poster italiano. Lì un mare grigio, con un cielo senza sole, non ostacolano l’esuberanza e la gioia di una famiglia che passa una giornata insieme fra giochi e risate.

L’epilogo di questa vita fatta di umili vicende sarà determinato da un fatto di per sé innocuo ma che avrà conseguenze sconvolgenti sulle esistenze dei personaggi e obbligherà lo spettatore a rivedere qualsiasi posizione e credenza assunta fino ad allora.

Sentiremo allora sgretolare una per una tutte le convinzioni per ritrovarci di nuovo al punto di partenza: che cosa vuol dire “famiglia”?

SCHEDA TECNICA

• DATA USCITA: 13 settembre 2018
• GENERE: Drammatico
• ANNO: 2018
• REGIA: Hirokazu Kore-Eda
• ATTORI: Kirin Kiki, Lily Franky, Sôsuke Ikematsu, Mayu Matsuoka, Sakura Andô, Jyo Kairi, Kengo Kôra, Akira Emoto
• PAESE: Giappone
• DURATA: 121 Min
• DISTRIBUZIONE: BIM Distribuzione

CAST ARTISTICO

• Shibata Osamu Lily Franky
• Shibata Nobuyo ANDO Sakura
• Shibata Aki MATSUOKA Mayu
• Shibata Hatsue KIKI Kilin
• Shibata Shota JYO Kairi
• Hojo Juri SASAKI Miyu

CAST TECNICO

• Regia / Sceneggiatura / Montaggio KORE-EDA Hirokazu
• Musica Originale HOSONO Haruomi (Victor Entertainment)
• Direttore della Fotografia KONDO Ryuto
• Luci FUJII Isamu
• Suono TOMITA Kazuhiko
• Scenografia MITSUMATSU Keiko Aoi Pro. Inc.
• Produzione Aoi Pro. Inc.
• Produttori Esecutivi ISHIHARA Takashi Tom YODA NAKAE Yasuhito
• Produttori Associati OSAWA Megumi ODAKE Satomi
• Produttori MATSUZAKI Kaoru YOSE Akihiko TAGUCHI Hijiri

TRAILER

VOTO: 8