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Cinema

Mia e il leone bianco

Un film animalista dove la trama inconsistente è ulteriormente appiattita dal montaggio che tutto velocizza e che non dà alle emozioni il tempo per maturare. Nel climax assente, gli spettatori sopra i sei anni di età non possono che annoiarsi a morte. Sprecata l’occasione di parlare anche al pubblico senziente.

Mia è una bambina londinese che vive in Sudafrica, dove la sua famiglia gestisce un allevamento di leoni. All’arrivo di un cucciolo di leone bianco la reazione di Mia è di iniziale repulsione, per poi cadere in un innamoramento che durerà per sempre. Insieme al fratello maggiore, turbato da un disturbo nevrotico di origini misteriose, la bambina crescerà il cucciolo fino alla scoperta di qualcosa di sconvolgente, dopo la quale metterà in gioco tutto per lui.

Il film, attraverso le vicende didascaliche di questa famiglia, tocca il problema – orrendamente reale – delle specie in via di estinzione a causa dell’uomo, con derive buoniste facilone che, questo è inoppugnabile, parlano il linguaggio comprensibile dai bambini. C’è però da dire che lo stesso risultato si potrebbe ottenere con il metodo Disney (opinabilissimo, ma funzionante), che agisce attraverso la doppia lettura dell’opera (bambino/adulto) e che viene espressa da una scrittura magistrale del film, cosa che chiaramente il colosso Disney può permettersi e forse questa produzione no.

L’idea del film nasce dallo stesso regista, che è entrato in contatto direttamente con il tema fondamentale di questo lungometraggio (tema che non si può svelare) e che ha voluto documentare, ma non in forma di documentario, il rapporto reale fra una bambina e un leone bianco. Il lavoro ha richiesto tre anni di attività, durante i quali i due sono stati seguiti e ripresi dal vivo nelle loro interazioni. Sei i leoni in scena, uno zoologo di fama internazionale a seguire il tutto, due bambini, diversi gli screenplay alternativi in caso di problemi (non si parlava di eliminazione del cast a causa di sbranamenti, bensì di rinuncia da parte dei piccoli attori, che crescendo avrebbero potuto divenire meno imprudenti e, semplicemente, avere paura).

Ciò che c’è dietro quindi è lodevole, è un lavoro lungo e molto ben ragionato, raccontato meglio nelle interviste al regista che nel film stesso, che avrebbe espresso molto meglio quanto c’era da dire se gli fosse stato dato il giusto tempo – per esempio come breve serie per la TV on demand o un documentario in più parti – e se gli fosse stata data un po’ più di consistenza e profondità a partire dalle dinamiche familiari per finire con la caratterizzazione dei personaggi, che galleggiano in una grigia superficie uniforme.

SCHEDA TECNICA

Titolo originale: Mia Et Le Lion Blanc
Basato su un’idea originale di: Prune de Maistre e Gilles de Maistre
Sceneggiatura: Prune de Maistre e William Davies
Basato su una sinossi originale di: Prune de Maistre e Jean-Paul Husson
Prodotto da: Valentine Perrin, Jacques Perrin, Nicolas Elghozi, Gilles de Maistre, Stéphane Simon, Catherine Camborde
Co-prodotto da: Meryl Schutte, Valérie Legrain-Dousseau, Rudi Van As, Reinhard Brundig
Assistente alla regia: Jean-François Fontanel
Sceneggiatura: Louise Arhex
Direttore della fotografia e cameraman: Brendan Barnes
Direttore del casting per il Sudafrica: Bonnie Lee Bouman
Addestratore di leoni: Kevin Richardson
Capo scenografo: Ruth Greaves
Sceneggiatura: Louise Arhex
Musiche: Armand Amar

TRAILER

VOTO: 4