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Teatro

È un continente perduto – recensione

è un continente perduto

È un continente perduto è un viaggio onirico tra sogno e realtà che ci incatena alla poltrona del teatro per tutta la durata dello spettacolo con la sua ferocia. Il suo “picchiarci” con la verità, il suo sventrarci l’anima costringendoci a farci “quelle domande”, a porci quegli interrogativi che l’uomo di oggi, affossato dalla routine, ha dimenticato e gettato alle spalle. Uno spettacolo “violento” e di una purezza indicibile, ‘È un continente perduto’, che porta lo spettatore a porre a se stesso domande scomode. Indigeste, a tratti. Ognuno ha dei sogni nel cassetto o delle passioni che coltiva in segreto e che lo rilassano. Che, in quest’ultimo caso, lo portano in un mondo incantato lontano da doveri quotidiani, stress, infelicità che si accumulano giorno dopo giorno. Quell’hobby, quel sogno, egli sa bene che con un po’ di sforzo potrebbe divenire qualcosa di più. Potrebbe essere un nuovo mondo. Il suo nuovo mondo. Una nuova vita. La sua nuova vita. Ma egli non vuole rischiare: ha paura di perdere tutto ciò che ha e che lo rende incredibilmente… infelice. Ma che dona lui anche poche e sfibranti certezze in un mondo caotico e avbilente che condanna uomini e donne a vite desolanti colme di finti desideri. La trama: ‘È un continente perduto’ si articola in cinque capitoli, come le cinque fasi del sonno. Inizia oggi, nel presente, mentre il passato e il ricordo prendono sempre più spazio fino a cancellare e confondere il tempo dello spettacolo. La storia comincia ora, continua ieri e finisce nell’immaginazione del sogno. L’Accademia di arte drammatica Santa Cecilia ci offre questo spettacolo dopo aver forgiato gli attori che lo portano maestralmente in scena riuscendo a sciogliere l’anima rocciosa e agre degli spettatori come acqua di fonte: goccia a goccia. Stilla a stilla. Piano piano. Lentamente lo spettacolo, che per bocca e azioni di Nika Perrone (Beyond us, Sp1ral), Paola Senatore, Massimiliano Aceti, Gabriele Anagni, Carlotta Mangione ed Eleonora Pace vibra nel cuore e nell’anima di chi vi assiste per tutte le scioccanti e tese due ore della messa in scena, ci conduce per mano nell’antro segreto del nostro cuore e della nostra anima costringendoci a fare i conti con noi stessi. Con le nostre tiepide verità. E le nostre imperiose bugie. Messa in scena, questa, premiata con una menzione speciale durante il Premio di Produzione Carmelo Rocca 2018. Abbiamo altri due giorni per “sognare” questa presa di coscienza assieme agli “spiriti umani” che calcano il palco. Spettacolo che è utile soprattutto a chiedersi: È meglio “sognare” e vivere il proprio sogno lottando per arrivare alla meta o lasciarsi andare, mollare e darla vinta a tutti costruendosi un futuro infelice ma… “solido”?. Tratto dal libro “La Casa del sonno” di Jonathan Coe, questo spettacolo teatrale non è adatto ai deboli di cuore: a chi, cioè, non ha il coraggio di farsi le domande giuste. E, ancor di più, a chi non ha / avuto il coraggio di rischiare e gettarsi a capofitto nel proprio sogno, lottando per esso. E facendone la propria vita.

Stefano Labbia.

 

Scheda tecnica:

Cast: Massimiliano Aceti, Gabriele Anagni, Carlotta Mangione, Eleonora Pace, Nika Perrone, Paola Senatore

Drammaturgia e regia: Francesca Caprioli

SILVIODAMICO

Info:

Dal 29 novembre al 1 dicembre 2018
Orario spettacolo: ore 20.00

Teatro Studio “Eleonora Duse”
Via Vittoria, 6
Roma
Ingresso libero (fino ad esaurimento posti) con prenotazione obbligatoria:
Info line 334 1835543

 

Voto: 7