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Teatro

Pasolini a Villa Ada

In una scenografia minimalista ed efficace, in cui una panchina e un tappeto di foglie scricchiolanti riescono ben ad evocare la solitudine di un parco all’aperto (quello di Villa Ada, per l’appunto), Ivan Festa porta in scena un monologo curato da Antonio Maraconda. La solitudine dei parchi si mescola con quella dei ricordi, rispetto ai quali si è quasi sempre da soli.

Il tema è ambizioso: emanciparsi dall’ombra ingombrante del proprio Maestro scrivendo un monologo sul proprio Maestro ingombrante. Ci sono diversi motivi per cui questa missione appare complicata, non ultimo il fatto che il Maestro in questione è una figura iconica e solida come quella di Pasolini.

Il dialogo verboso su Pasolini, il dibattito acceso della critica su Pasolini, l’indagine nelle pieghe dei vizi privati di Pasolini, la sua equidistanza dai poli della politica (in tempi assai non sospetti aveva teorizzato la fine della dicotomia destra-sinistra), l’Opera mastodontica che ha consegnato all’Umanità non hanno fatto che rafforzarne il mito. Quella che sembrava un’ombra intangibile è diventata nell’immaginario collettivo una figura materiale, consistente, dotata di un suo peso specifico. Ma soprattutto è diventata un’immagine mediatica: viene evocato in TV da Sgarbi quando fa comodo invitare l’uditorio a sospendere i giudizi morali; gli vengono attribuite massime sui social (alcune probabilmente non sue); viene scomodato dagli intellettuali per dimostrare che prevedere i tempi è possibile quando si ha una visione lucida e distaccata sul mondo che verrà. Insomma: Pasolini è presente ed attuale.

Certo, sarebbe utile per un artista liberarsi dall’eclissi totale che il nome Pier Paolo Pasolini provoca su chi si trova sulla sua traiettoria; sarebbe bello spiccare il volo verso la propria strada e la propria ispirazione, ma il modo più goffo di tentare questo salto verso il proprio destino di poeta è rimanere ancorati al proprio maestro. Sarebbe probabilmente più lecito domandarsi: ha davvero senso distaccarsi da un mentore? Oppure: come hanno fatto illustri filosofi (penso a Platone) a tracciare un solco indelebile nella storia, emancipandosi da chi li aveva formati, se non attraverso l’unico modo possibile, cioè con la propria opera, con il proprio pensiero, con il proprio ingegno?

Il monologo si svolge in una dimensione spazio temporale contenuta, attorno ad una panchina, in una manciata di minuti, con poche escursioni di pochi passi attorno ad un punto fermo. E vien da chiedersi se quella panchina, attorno alla quale gravita l’attore e lo spettacolo stesso, non sia il Pasolini, nella cui forza gravitazionale sono rimasti imbrigliati molti artisti e pensatori.

Buona l’idea del cambio di prospettiva ottenuto modificando la posizione della panchina nei cambi di luce, gradevole l’effetto discreto delle musiche (almeno loro si sono fatte da parte). Il dialogo è incentrato sul rapporto personale di amicizia con Pasolini, senza la pretesa di interpretarne il pensiero o di addentrarsi nella sua alacre produzione artistica. Vengono scomodati alcuni scambi di idee, il timido approccio di un giovane poeta verso un professionista affermato, la richiesta timorosa di ricevere delle impressioni sui propri scritti. Dialoghi semplici, di un rapporto semplice e castrante.

Scheda tecnica:

da un’idea di Ivan Festa
Tratto dal racconto di Giorgio Manacorda
Diretto e interpretato da Ivan Festa
DALL’ 8 AL 10 MARZO 2019
TEATROSOPHIA
via della Vetrina 7

INFO:

Tessera preventiva obbligatoria al link www.teatrosophia.com/associati
Teatrosophia
via della Vetrina 7 – Roma
dall’ 8 al 10 marzo 2019
ore 21.00 – domenica ore 18.00 Info e contatti: [email protected]
tel: 06.68801089 – 375.5488661
web. www.teatrosophia.com
Bigietti 13€ + 2€ tessera associativa del teatro
Fb: www.facebook.com/teatrosophia2018/

Voto: 5