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Cinema

Favolacce – Recensione

Locandina film

Favolacce, secondo prodotto cinematografico dei fratelli D’Innocenzo presentato al Festival internazionale del cinema di Berlino 2020 e vincitore dell’Orso d’argento per la migliore sceneggiatura, doveva fare il suo esordio nelle sale cinematografiche italiane il 16 aprile 2020, data in seguito cancellata per via della pandemia da Covid-19 e sostituita con la distribuzione su piattaforme streaming.

Il film si apre con una voce narrante (Max Tortora) che inizia a raccontare le vicende contenute all’interno di un diario appartenuto ad una bambina. La storia non è altro che un affresco di uno spaccato di vita di alcune famiglie della periferia capitolina durante le vacanze estive. Quella che viene presentata è un’esistenza apparentemente banale e tranquilla ma che in realtà, sotto il falso perbenismo della vita di quartiere, fatta di feste di facciata e cene ipocrite, si cela rabbia e rancore. Di conseguenza, gli adulti riversano tutti i problemi e la frustrazione dovuti all’insuccesso economico e all’arrivismo sociale sui figli, che vivono con insofferenza le brutture dei genitori, arrivando poi ad un punto di non ritorno.

I fratelli D’Innocenzo confezionano un piccolo gioiello, forti dell’esperienza maturata con il loro film d’esordio La terra dell’abbastanza, successo di pubblico e critica. La grande dote dell’intreccio narrativo dei due cineasti – hanno, d’altra parte, collaborato alla stesura della sceneggiatura di Dogman di Matteo Garrone – dona alla trama un ritmo serrato che tiene lo spettatore col fiato sospeso.

I registi hanno voluto tratteggiare le insensatezze e gli estremismi della società odierna, raccontando una verità adulta agghiacciante, che vive con stress e ansia qualunque tipo di difficoltà. Emblematica è la scena della cena in cui Dennis, uno dei bambini protagonisti, che sta per strozzarsi con un pezzo di carne, fa adirare i genitori perché ha procurato loro un brutto spavento. Oppure il momento in cui Bruno (Elio Germano) rompe la sua stessa piscina per incolpare il vicinato, secondo lui invidioso. E ancora la decisione dei genitori di Viola di radere a zero la figlia e farle indossare una parrucca quando scoprono che ha preso i pidocchi.

Si gioca molto con il concetto di favola è ciò lo si denota da una fotografia patinata e da musiche fiabesche e, tuttavia, al limite del disturbante. Il deus ex machina di tutta la vicenda, alias la strega cattiva delle fiabe, non è altro che un mite professore che porterà i suoi alunni a commettere un gesto estremo da cui non si potrà tornare indietro. Tutti questi elementi hanno un forte rimando a Il giardino delle vergini suicide, film del 1999 diretto da Sofia Coppola che narra la triste esistenza di cinque sorelle che anche loro commetteranno un atto irreparabile.

È interessante fare una piccola postilla sul personaggio di Dalila (Barbara Chichiarelli), la mamma di Dennis e Alessia, donna bellissima dai capelli biondi e profondi occhi azzurri, quasi sempre vestita con abiti bianchi che le donano quell’aspetto etereo di intangibilità. O anche al cognome stesso di suo marito Bruno, Placido, completamente in antitesi con il carattere dell’uomo.

Qui la perdita dell’innocenza, che fa parte del normale ciclo di vita, non è vissuto come una fase transitoria, ma come un rito di passaggio forzato. Amelio vuole che il figlio Geremia abbia a tutti i costi il suo primo rapporto con una compagna di classe, Dennis viene persuaso da una sua coetanea a perdere la verginità insieme a lei dopo aver scoperto che il padre guarda dei video hard sul telefonino e, allo stesso tempo, viene avvicinato dai comportamenti promiscui di Vilma, una ragazza incinta poco più grande di lui.

Ed è proprio di questo personaggio che è importante far menzione. I D’Innocenzo hanno consapevolmente voluto investire la giovane di una responsabilità troppo grande per lei, come se la nuova vita che sta portando in grembo possa essere una speranza per un futuro migliore. Tuttavia, forse è proprio l’essere genitore nel modo sbagliato il vero antagonista di Favolacce, perché il film si chiude nella stessa esatta maniera in cui è iniziato: tragedia familiare a Spinaceto.

Cristina Peli.

Visione consigliata:

  • a chi ama i drammi forti e spiazzanti.
  • a chi vuole godersi un film recitato magistralmente, sia dagli attori adulti che da i più giovanissimi.
  • a chiunque voglia sperimentare più da vicino la visione cinematografica di due giovani e promettenti registi, soprattutto visto il periodo in cui il mondo dell’audiovisivo e dell’intrattenimento sta soffrendo non poco.

Visione sconsigliata:

  • a chi non è abituato ricevere un pugno nello stomaco quando guarda un film.
  • a chi ama il lieto fine.
  • a chi ama i film che corrono veloci e che non si prendono il giusto tempo per farsi conoscere.

Scheda tecnica

– Titolo originale: Favolacce
– Nazione: Italia, Svizzera
– Anno: 2020
– Genere: drammatico
– Durata: 98 minuti
– Regia: Damiano e Fabio D’Innocenzo
– Sceneggiatura: Damiano e Fabio D’Innocenzo
– Cast: Elio Germano, Barbara Chichiarelli, Gabriel Montesi
– Produzione: Rai Cinema, Pepito Produzioni, Vision Distribution
– Distribuzione: Vision Distribution

Trailer

Voto 9/10